Ad oggi, la profilassi primaria rappresenta il gold standard del trattamento per i pazienti affetti da emofilia A. Rispetto al trattamento al bisogno, infatti, la profilassi consente di raggiungere livelli di FVIII sufficientemente elevati (3-5%) che portano ad una riduzione della frequenza dei sanguinamenti sia totali sia articolari, con conseguente riduzione degli accessi al pronto soccorso e delle ospedalizzazioni, ma anche dell’artropatia emofilica.
La profilassi, tuttavia, richiede la rigorosa aderenza del paziente al programma terapeutico stabilito dal medico. La non aderenza al regime di profilassi può limitare infatti l’efficacia del trattamento e contribuire alla prevenzione subottimale dei sanguinamenti.
Risulta pertanto evidente come sia necessario considerare con attenzione i differenti determinanti della scelta terapeutica al fine di identificare il miglior regime di trattamento in grado di offrire la maggior protezione possibile da eventi emorragici e dal danno articolare garantendo allo stesso tempo la miglior qualità di vita per il paziente, con conseguente miglioramento della compliance, aumento dell’aderenza e della persistenza alla profilassi.
La scelta del regime di profilassi dovrà quindi tener conto dell’efficacia della terapia nel diminuire gli ABR e nell’aumentare il trough level di FVIII ma anche considerare la dose iniziale, la riduzione del n. infusioni, la portabilità del farmaco senza tralasciare, da ultimo, la valutazione dei costi.
Sulla base di queste evidenze risulta quindi chiara l’importanza che i rFVIII di ultima generazione assumuno nei regimi di profilassi per i pazienti con emofilia A. Il loro profilo farmacocinetico modificato e i loro schemi terapeutici flessibili li rendono infatti l’opzione terapeutica in grado di coniugare un livello di protezione adeguato con i differenti stili di vita dei pazienti.